Negli ultimi anni, sebbene con alcuni limiti, è possibile coltivare marijuana e vendere in modo legale la cannabis, cerchiamo quindi di scoprire i segreti per avere un buon raccolto. La cannabis è una pianta a ciclo annuale, i suoi semi germinano in primavera, l’inflorescenza c’è in estate e verso la fine di agosto è possibile procedere al raccolto, ciò se si preferisce la coltivazione outdoor, mentre se viene effettuata la produzione indoor, in serra, è possibile avere una produzione a ciclo continuo. In genere raggiunge un’altezza compresa tra 1,5 e 2 metri, la pianta è caratterizzata da foglia a forma palmare e si riproduce tramite impollinazione generata dal vento, anche se le coltivazioni professionali non usano questo metodo.
Coltivare marijuana ha origini remote, infatti è possibile trovare tracce di questa già nel 5000 a.C., sebbene oggi le proprietà psicotrope e psicoattive di questa pianta siano ancora discusse, è possibile coltivare legalmente la cannabis, sia ad uso terapeutico, sia per la vendita presso esercizi commerciali, in questo secondo caso deve trattarsi di cannabis light. I principi attivi di questa pianta sono il CBD, o cannabidiolo, che ha effetto antinfiammatorio e antidolorifico e proprio per questo utilizzato soprattutto in ambito medico, e THC che invece ha effetto euforizzante e porta alla classificazione della cannabis, o marijuana, come sostanza psicotropa. La cannabis ha quindi effetti benefici sull’organismo, proprio per questo molti la preferiscono al tabacco e in alcuni casi viene prescritta per affrontare i disturbi correlati ad alcune patologie particolarmente invalidanti. Di seguito si vedrà come coltivare marijuana legale.
Il terreno per la cannabis
La cannabis appartiene alla famiglia delle Cannabacee e da essa si ricava la più conosciuta marijuana. Attualmente le varietà di marijuana legale coltivate in Italia sono la Sativa e la Indica. La prima ha una percentuale di THC ridotta rispetto alla varietà Indica, infatti la cannabis Sativa raggiunge una percentuale del 5%, mentre la Indica può arrivare al 25%. Questo implica che coltivando la varietà Sativa si tende a privilegiare l’effetto “medicale” mentre scegliendo la Indica si privilegia l’effetto psicotropo e quindi l’alterazione psichica.
La cannabis per essere legale può avere una concentrazione di THC non superiore allo 0.6%, si tratta quindi della cannabis legale, mentre soglie superiori indicano cannabis illegale. Deve però essere sottolineato che la vendita è comunque vietata ai minori di 18 anni perché gli effetti del THC per loro è comunque grave. La prima cosa da capire è la tipologia di terreno adatto a coltivare marijuana e il clima di cui ha bisogno. Il terriccio è la base di partenza per avere un buon risultato, questo sia nel caso in cui si decida per una coltivazione indoor (in serra) sia nel caso in cui si opti per una coltivazione outdoor, all’aria aperta.
Deve essere preferito un terreno leggero e molto aerato, questo infatti consente all’apparato radicale di assorbire tutti i nutrienti di cui ha bisogno. Se si sceglie la coltivazione di marijuana auto fiorente (cioè semi ibridi la cui fioritura non è legata alla quantità di ore si luce) è bene scegliere un terriccio che non sia eccessivamente ricco di nutrienti e in particolare di azoto perché ciò provocherebbe un eccessivo stress alle radici delle piante impedendo così alle radici di avere sufficiente apporto di aria.
La soluzione ideale potrebbe essere scegliere tre parti di torba, 3 parti di compost, 2 parti di perlite pre-bagnata (necessaria per far radicare la pianta) e terminare con vermiculite pre-bagnata che facilita la germinazione dei semi. Questo composto è molto importante perché la pianta di cannabis una volta che il seme è germogliato e la piantina è nata, non ha bisogno di particolari nutrienti perché ha una fase vegetativa ridotta.
Per avere una buona coltivazione di erba legale è bene valutare anche l’acidità del terreno e quindi il pH, questo deve essere ne’ eccessivamente basico, né eccessivamente acido. La scala ha un range che oscilla tra 1 e 14, dove 1 corrisponde alla massima acidità e 14 corrisponde a un terreno basico, per avere la soluzione ottimale il terreno deve avere un pH che oscilla tra i valori 6-7.
Naturalmente si può pensare che il terreno, una volta preparato con i giusti componenti e una volta misurato il pH, non dia più alcun problema, in realtà non è così, infatti l’acqua utilizzata per le irrigazioni potrebbe modificarlo, proprio per questo è bene verificare anche il pH dell’acqua e ricordare che per acidificare un terreno si può aggiungere succo di limone all’acqua. Naturalmente per produzioni di un certo tenore è preferibile acquistare prodotti specifici per regolare l’acidità. Come fertilizzanti per il terreno, si possono usare gli ammendanti costituiti in prevalenza da letame maturo.
Coltivare marijuana: semina da seme o da talea
La semina può avvenire con semi oppure con talea. Si parte dai semi, se si opta per questo tipo di coltivazione è bene scegliere semi femminizzati. Le piante di marijuana si distinguono in maschi e femmine, i maschi sono utilizzati per l’impollinazione quando questa è effettuata tramite vento, cosa in realtà rara, ma non vengono utilizzati per la produzione di infiorescenze e questo perché vi sono delle forti differenze produttive tra le piante maschio e quelle femmine.
Trattandosi di una pianta annuale, il maschio comunque deve essere sfruttato e solitamente si predilige ricavarne fibre tessili oppure materiali per l’edilizia che però non hanno lo stesso valore delle infiorescenze. I semi femminizzati hanno il 99% di probabilità di generare piante femmine e quindi con un’elevata infiorescenza e un contenuto altrettanto elevato di THC e CBD.
Occorre sottolineare che si tratta di semi comuni sottoposti a trattamenti specifici che li portano a sviluppare caratteristiche femminili. Con i semi regolari vi è il 55% di probabilità di avere piante femmine, quindi può capitare che quasi una pianta su due sia maschio. Usare solo semi femminizzati, oltre a dare la quasi certezza di avere solo piante femmine e quindi con una buona produzione, consente di ottimizzare lo spazio perché è come se nello stesso terreno si piantasse il doppio, quindi lo sfruttamento del terreno è ottimizzato.
Oltre a coltivare marijuana legale con semi è possibile procedere anche con talee. Non è facile ricavare delle piantine da talee, sicuramente è una tecnica che consente di velocizzare la produzione e avere una sorta di ciclo continuo di produzione, ma bisogna essere anche esperti per poterlo fare. In questo caso si parla anche di clonazione della pianta, ma è bene sottolineare che il tasso di mortalità delle talee è abbastanza elevato e solitamente dopo diversi tentativi si riesce a trovare la quadra. In questo caso viene tagliato un piccolo rametto dalla pianta e viene fatto radicare, mettendolo in ghiaia bagnata frequentemente, oppure direttamente in acqua per trapiantarlo successivamente nel terreno.
Per facilitare lo sviluppo dell’apparato radicale si possono utilizzare degli ormoni radicanti, questi devono essere applicati sul taglio tenendo in considerazione le dosi indicate sulle confezioni. Gli ormoni radicanti sono disponibili in polvere, in gel o in formato liquido, la talea viene quindi messa a dimora e basteranno pochi giorni per vedere spuntare l’apparato radicale.
Gli ormoni radicanti possono essere utilizzati anche nella coltivazione con seme, ciò aiuterà la pianta a crescere più forte e a resistere a sbalzi termici e a stress vari, in questo caso è necessario attenersi scrupolosamente alle dosi previste perché un eccesso potrebbe rovinare la pianta. La talea dovrebbe essere prelevata tra il mese di agosto e ottobre.

Cura delle piante di cannabis
La luce è un elemento importante per coltivare marijuana e proprio per questo quando si sceglie la coltivazione indoor si utilizzano delle lampade per creare le giuste condizioni di luce e fare in modo che la pianta si sviluppi in maniera adeguata.
La coltivazione outdoor di cannabis sicuramente può risultare una sfida infatti c’è la luce naturale e le piante seguono un ciclo spontaneo, inoltre l’acqua piovana può far risparmiare il costo dell’irrigazione e la luce del sole consente di evitare l’uso di energia elettrica, infine, la produzione è generalmente più rigogliosa. Nonostante questo, a livello produttivo è una sfida ardua perché le piante possono essere attaccate da parassiti e ondate di calore eccessive o gelate improvvise possono danneggiare la coltivazione.
Il clima ideale deve avere temperature non inferiori a 12°C e non superiori a 30°C, è necessario che la pianta abbia almeno 6-8 ore di luce diretta al giorno, l’esposizione ideale è a sud. Sarebbe preferibile proteggere le piante da temporali improvvisi e bruschi cali di temperature, ad esempio con teloni. Deve anche aggiungersi che chi decide di coltivare marijuana outdoor ha anche il limite della stagionalità, cioè deve seminare in primavera, in base alle zone anche primavera inoltrata e poi raccogliere in tarda estate, solitamente alla fine di agosto, in questo modo è possibile avere temperature adeguate e sufficiente luce.
Se le condizioni naturali possono portare a una minore spesa, allo stesso tempo non è possibile avere il ciclo continuo infatti si raccoglie una volta l’anno.
Naturalmente se si vuole avere la certezza di un buon raccolto diventa essenziale produrre indoor, qui c’è il totale controllo di tutte le condizioni e quindi fallire è quasi impossibile. Come detto in questo caso le condizioni su esposte devono essere create artificialmente e quindi è necessario avere un impianto di climatizzazione che consenta alla pianta di avere sempre la giusta temperatura, le irrigazioni devono essere controllate in modo che ci sia sempre un’adeguata umidità all’interno della serra in cui si coltiva e, infine, è necessario creare la giusta luce. Diventa essenziale per coltivare marijuana indoor avere delle lampade.
Queste vanno a simulare i raggi UV e possono essere regolate in modo da dare alla pianta la giusta quantità di luce in base alla fase di sviluppo della pianta, la luce artificiale consente inoltre alla pianta di assorbire i nutrienti e l’acqua e quindi avere uno sviluppo ideale. Ciò che può risultare difficile nel coltivare marijuana indoor è capire quali lampade applicare ed è bene dire fin da subito che non vi è una regola fissa, ma devono essere adottati degli accorgimenti.
Si può scegliere tra lampade con tecnologia LEC che hanno una colorazione molto naturale grazie alla luce UV-B, lampade LED con un costo iniziale più elevato che può essere ammortizzato con consumi ridotti. Si possono scegliere lampade CFL, anche conosciute come fluorescenti compatte, ma adatte soprattutto alle piccole coltivazioni. Infine ci sono le luci HID che si distinguono in due tipologie, cioè lampade MH che producono luce fredda tendente al blu e adatta alla fase vegetativa e HPS, sodio ad alta pressione, adatte invece al periodo della fioritura.
La difficoltà di scelta non risiede solo nella tipologia di luce da scegliere e nel rapporto tra costi e benefici, ma anche nella quantità di luce da somministrare, questa deve essere calcolata tenendo in considerazione il tipo di luce scelta, ma anche le dimensioni dell’ambiente in cui sono collocate e la fase di crescita. Naturalmente l’unità di misura della luce è il Watt, luce più potenti portano ad una crescita velocizzata e rigogliosa della pianta.
Quante piante/metro quadrato e quanti watt per coltivare marijuana?
Il calcolo non è semplice, ma si può fare qualche esempio: su una superficie di un metro quadrato è possibile collocare fino a 12 piante, queste a loro volta hanno bisogno di una lampada da 400 watt per poter crescere rigogliose.
Naturalmente nello spazio indoor possono essere collocate più lampade. Questo in linea di massima, occorre poi osservare la pianta, se la stessa cresce in altezza, ma esile vuol dire che ha bisogno di più luce, mentre se si sviluppa in larghezza e ha un fusto di una certa importanza, vuol dire che ha sufficiente luce.
Per quanto riguarda l’umidità deve invece essere sottolineato che in fase di germinazione la stessa deve essere circa dell’80%, mentre nella fase vegetativa deve essere mantenuta in una percentuale variabile tra il 50% e il 70%. Nel periodo della fioritura è bene che l’umidità sia mantenuta tra il 40% e il 50%. Per poter avere sotto controllo questo valore, è bene munirsi di un termoigrometro.
Raccolto della cannabis
Resta, infine, il momento della raccolta, anche questo necessita di particolare attenzione, infatti, deve essere scelto momento giusto. Raccogliere preventivamente le cime implica che gli effetti siano meno potenti perché le varie sostanze ancora non si sono sviluppate del tutto, allo stesso tempo raccogliere in ritardo porta ad un deterioramento dei livelli di THC e di conseguenza il prodotto finale avrà un effetto particolarmente sedativo, antinfiammatorio e antidolorifico, occorre però ricordare che la cannabis legale deve avere una percentuale di TBC non superiore allo 0,6%. Nella maggior parte dei casi per la marijuana Sativa le infiorescenze arrivano a maturazione dopo 10 settimane dalla germinazione.
Devono poi essere considerati altri segnali, infatti la foglia della pianta quando è pronta per il raccolto inizia a ingiallire, in questa fase le sostanze nutritive tendono ad essere dirottate tutte sulle infiorescenze ed è un segnale di inizio della fase di maturazione.
Sulle cime invece si possono notare i pistilli, si tratta di filamenti che fuoriescono dai calici e che sono visibili a occhio nudo, quando questi filamenti assumono un colore rosso la maturazione è quasi arrivata, in seguito il colore vira sul marrone, è bene procedere alla raccolta quando almeno il 50% dei pistilli ha assunto una colorazione scura. Man mano che la percentuale di pistilli di colore scuro aumenta, cresce anche la presenza di THC quindi è bene regolarsi anche in base al risultato finale che si vuole raggiungere.
Il THC poi tende a trasformarsi in CBN tale fattore deve essere valutato nel caso in cui la produzione sia ad uso farmaceutico. Chi vuole un raccolto ottimale può invece acquistare un microscopio, questo serve ad individuare la presenza di tricomi sui fiori, si tratta di cristalli di resina inizialmente trasparenti e che poi diventano di colore bianco latte, questi sono molto piccoli ed invisibili a occhio nudo, quando i tricomi sono di colore bianco opaco è arrivato il momento ottimale per la raccolta.
Deve però essere sottolineato che una decina di giorni prima di procedere al raccolto è bene effettuare il lavaggio della cannabis, con il tempo si riesce a prevedere con anticipo quando raccogliere e di conseguenza a capire anche quando eseguire il lavaggio. Questo permette di liberare la pianta in modo da aiutarle a smaltire i nutrienti non assimilati e che potrebbero dare un sapore acre alla cannabis.
Essiccazione e concia della cannabis
Con la raccolta non è terminato il lavoro, infatti è necessario prendersi cura anche della concia e dell’essiccamento che servono a evitare la formazione delle muffe. Le infiorescenze devono essere appese a testa in giù in luogo fresco, asciutto e ben ventilato con umidità al 50% e temperatura di 20°C. Trascorsi dai 3 ai 10 giorni la fase di essiccazione è terminata.
Occorre però dire che le infiorescenze per avere un’erba legale di qualità devono essere sottoposte a trimming, se questa procedura viene eseguita prima dell’essiccazione sono ridotti anche i tempi per avere il prodotto finale. Tale operazione consiste nel rimuovere piccole foglie superficiali inutili.
Dopo l’essiccazione inizia la concia, questa prevede di lasciare le infiorescenze in barattoli di vetro sufficientemente grandi, gli stessi devono essere lasciati aperti per almeno un’ora al giorno per la prima settimana.